LE VOCI DELLA COSCIENZA
Teatro
LE VOCI DELLA COSCIENZA
«La Coscienza è un’autobiografia e non la mia.
Ci misi tre anni a scriverlo nei miei ritagli di tempo.
E procedetti così: quand’ero lasciato solo
cercavo di convincermi d’essere io stesso Zeno.
Camminavo come lui, come lui fumavo,
e cacciavo nel mio passato tutte le sue avventure
che potevano somigliare alle mie»
Ettore Schmitz, in arte Italo Svevo, sulla soglia dei sessant’anni, decide di tentare per un’ultima volta di cedere ai fantasmi della letteratura e auto pubblicare il suo romanzo: «La Coscienza di Zeno». Tra il 1922 e il 1923, anno poi effettivo della pubblicazione del libro da parte dell’editore Cappelli, è seguito nella stesura finale del testo da un giovane giornalista e scrittore, Attilio Frescura, che ha il compito di correggere le bozze che poi andranno in stampa.
Dalle lettere scambiate fra i due si evince un acceso dibattito circa la struttura del romanzo, lo stile della scrittura e il capitolo finale.
«Il libro è tutto da riscrivere» afferma deciso Frescura.
Partendo da questo vivace scambio, lo spettacolo immagina l’autore alle prese con la revisione del testo, nella sua testa riecheggiano le parole di Frescura, ma anche le interessanti prospettive del suo protagonista, Zeno Cosini, e del misterioso dottor S., psicanalista che nel romanzo segue Zeno nella stesura delle sue memorie e ne è il primo effettivo lettore.
Le «voci» della Coscienza
Sono queste le voci che accompagnano Svevo nella sua difesa appassionata del romanzo, voci appunto, perché per quanto ne sappiamo né Zeno Cosini né il dottor S. esistono davvero. I protagonisti discutono, controbattono e ripercorrono i capitoli della Coscienza dandone ciascuno una propria motivazione. Ne segue un dialogo fra autore e personaggio, fra narratore e psicanalista, fra memoria e coscienza. Finché il vero autore non decide di mettere la parola fine allo scambio di opinioni, e conclude fermamente:
«Si pubblichi il libro così com’è».
Dentro la mente dell’autore
Lo spettacolo, oltre a dare spazio alle parole di Svevo, offre uno spunto interessante sul concetto stesso di scrittura e del rapporto con le proprie creazioni, che prendono vita sul palcoscenico: Mirko Soldano è Italo Svevo, Fulvio Falzarano veste i panni di Zeno Cosini, mentre Nicola Ciaffoni quelli del dottor S.
La spazio in cui le voci si muovono è indefinito e senza tempo: se è vero il detto mens sana in corpore sano, la mente dell’autore è una vera e propria palestra, dove i personaggi si muovono ricreando sequenze di esercizi mentali e fisici, una cyclette, una palla gonfiabile, un lettino per massaggi, accompagnano le
loro azioni e i loro pensieri.
L’unico elemento di realtà è la preziosa macchina da scrivere, lo strumento del potere, l’arma dell’autore con la quale imprime sulla carta la sua verità.
Da un’idea di Riccardo Cepach
Drammaturgia e regia di Gioia Battista
Con Mirko Soldano, Daniele Molino e Nicola Ciaffoni
Produzione Museo Sveviano di Trieste
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